G.P.: Ho fondato la mia vita e la mia cucina sull'autoproduzione. È anche il motivo per cui non lavoro nei ristoranti: perché spesso nelle cucine professionali si devono utilizzare prodotti già pronti per facilitare le cose. Inoltre, c'è ancora una chiusura verso il cibo fermentato, perché non siamo più abituati ad autoprodurci gli alimenti. Purtroppo negli ultimi decenni abbiamo perso questo tipo di connessione con il cibo, soprattutto a causa delle industrie alimentari. Va detto anche che l'Italia è un paese dove c'è molta biodiversità; ci sono tantissime varietà di piante, erbe, ortaggi, frutta. Non abbiamo quindi lo stesso bisogno dei prodotti fermentati come fonte di vitamina C, come invece succede nei paesi del Nord Europa, dove queste ricette sono molto diffuse. Poi, nella produzione industriale di cibo ci sono tantissimi limiti e protocolli da seguire in materia di sicurezza. Molte persone sono quindi restie e un po' timorose nell'autoprodursi e consumare cibo fermentato. Mi trovo continuamente a dover rispondere a tantissime domande e rassicurare le persone che hanno paura di cose come botulino e muffe, spesso senza neanche comprendere dove e come queste sostanze si sviluppano. Perché, ad esempio, se parliamo di fermentati, ci sono l'acidità e la salatura che combattono e vanno a prevenire la formazione di botulino e muffe.